La morte è ancora un tabù.
Non esiste pudore di fronte a niente ma la morte e le malattie a potenziale esito infausto ci atterriscono e ci rendono bambini che hanno paura del buio.
Come il buio, infatti, non sappiamo cosa cela la morte ma possiamo decidere come arrivarci, come viverla e renderla un monito, perchè educare alla morte significa educare alla vita e darle valore.
Dagli studi della psicoterapeuta Florence Didier, è emerso che ci sono dei bisogni comuni a tutti i pazienti terminali. Queste necessità devono essere conosciute e condivise da chi vive al loro fianco perché il problema non è morire ma vivere male. Perciò, dato che la morte è un evento inevitabile della vita, perchè non usarlo per vivere ogni momento con la consapevolezza di quanto sia prezioso?
Secondo l’esperienza di Florence Didier e Paolo Guiddi, i bisogni che ha il paziente terminale sono:
non aver paura, essere in pace;
non provare dolore;
poter scegliere ciò che è più giusto per sé;
che siano rispettati i suoi tempi e bisogni emotivi in relazione alle cure;
avere totale fiducia che nel momento finale vengano rispettate le sue volontà.
Il sollievo non è mai soltanto quello del corpo, passa dalla mente e dal cuore perchè la malattia è un evento, non la persona.
Nella giornata nazionale del sollievo il nostro invito è quello di essere presenti nella relazione di cura con le persone, senza tabù e a cuore aperto.
Ognuno di noi può rappresentare il sollievo dell’altro, non precludiamoci questo atto di impalpabile umanità.